giovedì 21 ottobre 2010

La “banca” del Vaticano: lo IOR

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Ultimamente si è risentito parlare dello IOR sui giornali giornali per questioni di riciclaggio. Sapete veramente che cos’è lo IOR? Lo IOR è l’Istituto per le Opere di Religione,è un istituto privato creato nel 1942 da papa Pio XII e con sede nella Città del Vaticano. Lo IOR è stato coinvolto più volte in scandali finanziari e non fra i quali l’ “affare sindona” e il crac del Banco Ambrosiano.

Secondo il suo statuto,lo IOR ha lo scopo di:
« ... provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo IOR medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità. L'Istituto pertanto accetta beni con la destinazione, almeno parziale e futura, di cui al precedente comma. L'Istituto può accettare depositi di beni da parte di Enti e persone della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. »
 
Lo IOR consta di 130 dipendenti, un patrimonio stimato (nel 2008) di 5 miliardi di euro, 44 mila conti corrente, riservati a dipendenti vaticani, ecclesiastici e ad una ristretta quantità di enti privati. Rilevanti sono gli investimenti esteri, in prevalenza in titoli di Stato o portafogli a basso rischio. Gli interessi medi annui oscillano dal 4 al 12% e, non esistendo tasse all'interno dello Stato vaticano, si tratta di rendimenti netti (praticamente è un PARADISO FISCALE). Per quanto riguarda gli utili conseguiti, essi non vanno corrisposti ad azionisti - che nel caso dell'Ente non esistono - ma sono devoluti in favore di opere di religione e di carità (ne siamo sicuri?)
L'istituto è gestito da professionisti bancari e guidata da un presidente, non necessariamente un consacrato o un religioso, che riferisce direttamente ad un collegio di cinque cardinali, nominati dal Papa e in carica per un quinquennio con lo scopo di vigilare sulla fedeltà dell'istituto agli obblighi statutari, e al Papa.
Il bilancio e tutti i movimenti che vengono fatti dall'Istituto sono noti solo ed esclusivamente al Papa, al collegio dei cardinali che lo gestiscono, al Prelato dell'istituto, al Consiglio di sovrintendenza, alla Direzione generale ed ai revisori dei conti.
Una rete di contatti con banche sparse nel mondo rende possibile l'esportazione di quantità illimitate di denaro in assoluta riservatezza, poiché Città del Vaticano non aderisce ai patti internazionali antiriciclaggio. Inoltre, il conto può essere aperto sia in euro che in valuta straniera. I clienti vengono identificati solo attraverso un numero codificato, alle operazioni non si rilasciano ricevute, non esistono libretti di assegni intestati allo IOR e tutti i depositi e passaggi di denaro avvengono tramite bonifici. Infine, avendo sede in uno Stato sovrano, ogni richiesta di rogatoria deve partire tramite il ministero degli esteri del paese richiedente. Finora quasi nessuna rogatoria è stata mai concessa dal Vaticano.
Nel 2010 il Vaticano si è impegnato, entro il 31 dicembre 2010 a far proprie le norme dell'Unione Europea in materia di lotta al riciclaggio ( NON ACCADRA’ MAI) .  


Un pò di date importanti per lo IOR:

Il 27 giugno 1942 un documento autografo di papa Pio XII lo trasforma nell'"Istituto per le Opere di Religione", una banca con scopo di lucro, dotata di personalità giuridica propria. Con questa trasformazione lo IOR divenne un vero e proprio istituto di credito avente come oggetto d'impresa quello di far fruttare i capitali a disposizione.

Nel 1962 lo IOR deteneva il 24,5% della Banca Privata Finanziaria di Michele Sindona, al quale, nel 1969, papa Paolo VI affidò una consulenza per la modernizzazione dello IOR. Assieme a lui, una commissione formata da Luigi Mennini, Pellegrino de Strobel e Massimo Spada. A Sindona fu venduta la Società Generale Immobiliare, della quale lo IOR mantenne una quota del 3%. Successivamente, furono numerosissime le partecipazioni comuni, comprese le movimentazioni di capitali in paradisi fiscali, fra IOR e Sindona.

Nel 1972, lo IOR possedeva circa il 51% delle azioni della Banca Cattolica del Veneto. Per volontà del direttore dello IOR Marcinkus, il 37% delle azioni vennero vendute al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, provocando la reazione dei vescovi veneti e dell'allora monsignore Albino Luciani (futuro papa Giovanni Paolo I) che, non essendone stati informati, chiusero per protesta i loro conti presso la Cattolica del Veneto.

Secondo dichiarazioni del pentito di mafia Vincenzo Calcara, lo IOR era coinvolto nel riciclaggio di denaro di Cosa Nostra, mentre un altro pentito, Francesco Marino Mannoia rivelò nel 1998, durante il processo per mafia a Marcello Dell'Utri, che «Licio Gelli investiva i danari dei corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano. (...) Lo IOR garantiva ai corleonesi investimenti e discrezione»[. Perciò «quando il papa Giovanni Paolo II venne in Sicilia e scomunicò i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano. Da qui nacque la decisione di far esplodere due bombe davanti a due chiese di Roma» (esplose davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano e alla chiesa di San Giorgio al Velabro la notte fra il 27 e il 28 luglio 1993).
Secondo il giornalista Gianluigi Nuzzi,che si è avvalso dell'archivio di monsignor Renato Dardozzi, attraverso lo IOR sarebbero stati movimentati, tra il 1989 e il 1993, 275 milioni di euro in contanti, più 135-200 miliardi di lire in titoli di Stato. Nel suo libro Vaticano S.p.A. sostiene che lo IOR era attivo nel riciclaggio di denaro sporco, tangenti e supporto finanziario alla mafia.Il 21 giugno 1982 si apre il caso del crac del Banco Ambrosiano, uno dei maggiori scandali finanziari italiani dal dopoguerra, nella quale sono coinvolti, tra gli altri, i vertici dello IOR (fra cui il Mons. Paul Marcinkus), Roberto Calvi, Michele Sindona e Licio Gelli. Per i vertici vaticani non ci furono conseguenze giudiziarie rilevanti, grazie allo status giuridico dello IOR.
 
Nel 1993, negli anni di Tangentopoli, il giudice Borrelli del pool di Mani pulite appurò il transito nelle casse dello IOR di 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro destinati a quello che fu conosciuto come scandalo Enimont. In quell'occasione, in via del tutto eccezionale, lo IOR decise di rispondere ad una rogatoria richiesta dal pm Antonio Di Pietro che lavorava allora nel pool di Mani pulite ed indagava sul caso. Tuttavia i magistrati hanno poi scoperto che la banca vaticana aveva falsificato i documenti, nascondendo i conti di Giulio Andreotti e non trasmettendo la documentazione su molte altre posizioni. Successivamente, per far tornare i conti, inviò ulteriore documentazione falsa. Da allora, questo risulta esser stato l'unico caso in cui lo IOR abbia risposto a rogatorie internazionali.
 
Il 10 luglio 2007, Giampiero Fiorani rivelò ai magistrati milanesi la presenza, nella svizzera, di tre conti della Santa Sede da «due o tre miliardi di euro» e di aver versato in nero nelle casse dell'APSA (la Banca centrale vaticana) oltre 15 milioni di euro.
Nell'ambito dello scandalo "Calciopoli", è risultato ai magistrati che i fondi neri della Gea World di Alessandro Moggi sarebbero depositati allo IOR, così come altri 150 milioni di euro circa, frutto delle intermediazioni calcistiche del padre, Luciano Moggi.
Nell'inchiesta sulle "grandi opere" del 2010 (nota anche come "Caso Anemone"), è stato accertato che Angelo Balducci (ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, arrestato per corruzione) avesse un conto presso lo IOR, dove - secondo i pubblici ministeri - avrebbe trasferito buona parte delle sue rendite. Nel 2006, interrogato dall'allora PM di Potenza Henry John Woodcock, aveva ammesso lui stesso l'esistenza di tale conto, usato per ripagare un debito da 380 mila euro contratto da monsignor Franco Camaldo, prelato d'onore e cerimoniere del Papa, intermediario nell'acquisto di una villa dove avrebbe dovuto avere sede un nuova loggia massonica. Balducci aveva un conto allo IOR in quanto "gentiluomo di Sua Santità" nonché "consultore" e "supervisore" del patrimonio della Propaganda Fide , la quale ha affittato decine di abitazioni a molti dei 412 personaggi inclusi nelle liste di Diego Anemone. I magistrati sospettano ulteriori collegamenti con lo IOR a seguito di sequestri di documentazione contabile, in particolare a Angelo Zampolini, intermediario della "cricca" di Anemone e Balducci nell'acquisto di un appartamento a Roma per l'ex ministro Claudio Scajola. Gli inquirenti ritengono altresì che parte del denaro accumulato da alcuni degli indagati con le tangenti pagate da Anemone e da altri imprenditori si trovi depositato presso IOR.
Nel maggio 2010 la procura di Roma ha aperto un'indagine sui rapporti sospetti tra lo IOR e altre dieci banche, fra cui Unicredit, Intesa San Paolo, Banca del Fucino. Le quotidiane operazioni da milioni di euro fra questi istituti e lo IOR sotto forma di miriadi di assegni dagli estremi non chiari, avevano destato già nel 2009 i sospetti dell'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia. È stato accertato dai magistrati che lo IOR utilizzava in modo cumulativo un conto aperto presso la filiale 204 della Banca di Roma in via della Conciliazione a Roma, versandovi assegni da parte dei propri clienti senza dare alcuna comunicazione in merito, violando così le norme antiriciclaggio (legge 173/1991). Attraverso tale conto sarebbero transitati circa 180 milioni di euro tra il 2006 e il 2008, per poi interrompere le operazioni con l'integrazione della Banca di Roma nel gruppo Unicredit. I PM sospettano che le transazioni attraverso conti "schermati" intestati allo IOR celino in realtà operazioni per conto di società o singoli individui con residenza fiscale in Italia, volte all'occultamento di reati vari, dall'evasione fiscale alla truffa. La Guardia di Finanza ha inoltre accertato casi di beneficiari fittizi fra quelli comunicati agli inquirenti. La magistratura italiana non ha però competenza ad indagare sullo IOR senza una rogatoria internazionale, a causa della sua natura formalmente estera.
 
Come vedete i movimenti di denaro sono tanti, è tutto ciò non può essere controllato. Un vero paradiso,forse è questo il paradiso che predicano. Un paradiso fiscale.

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