"Laurearsi dopo i 28 anni è da sfigati" questa è la dichiarazione di Michel Martone, viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali.
Ma lui chi è? Ripercorriamo insieme le tappe importanti della sua vita:
- avvocato e ricercatore di ruolo a 26 anni,
- professore associato a 27 anni,
- a 29 anni professore ordinario e consulente della Civit (presieduta dal padre a 40.000 euro al mese),
- viceministro a 38 anni.
Meritocrazia o altro?
La commissione del concorso è presieduta da Mattia Persiani con il quale il Martone si è laureato con 110/110 e una deludente media di 29/30. Questo è il primo elemento utile per costruire una carriera universitaria di immediato successo: farsi seguire dal relatore di tesi, passo dopo passo, dalla culla (la laurea) perlomeno alla maturità (l'Ordinariato), e molto spesso alla tomba. Ma se questa è di solito la regola in tutto il mondo accademico italiano, tale da non fare più notizia, nel caso di Martone diventa eclatante. Il suo relatore di tesi è anche il presidente della commissione che gli conferisce l'idoneità da ordinario.
Non solo. Francesco Coniglione, ordinario di storia della filosofia a Catania, nel 2009 scrive sul suo blog
un ritratto di Martone dove racconta le vicende del concorso del 2003.
Sostiene che Martone abbia svolto la sua pratica di avvocato presso lo
studio di Persiani. Martone querela Coniglione, gli chiede 60 mila euro,
ma perde la causa. Nella sentenza della prima sezione civile del
tribunale di Roma si legge che il post La fulminea carriera del Prof.
Martone è improntato a:
“stigmatizzare le cd baronie
universitarie, ovverosia la prassi da tempo invalsa nell’ambito dei
concorsi a cattedra per l’acquisizione del titolo di docente in cui,
secondo logiche predeterminate e non necessariamente meritocratiche, i
vincitori risultano i candidati “appoggiati” dai docenti più potenti”
C’è
poi un secondo elemento per il concorso perfetto. Dalla relazione
finale risulta che su 8 concorrenti al prestigioso incarico presso la
facoltà di Economia “Richard M. Goodwin” dell’università di Siena, ben 6
hanno ritirato la domanda. Michel è rimasto da solo insieme ad una
valente giuslavorista, Franca Bargongelli, all’epoca 52enne,
ricercatrice presso la stessa facoltà dal 1983, passata ad associata nel
2000, all’attivo quaranta pubblicazioni.
Bargongelli, come si
legge nella relazione, è nota per avere studiato a lungo il mondo del
lavoro femminile, e anche per una serie di collaborazioni con la Fiom.
Com’era prevedibile, è lei che vince il concorso (5 voti favorevoli)
contro i 4 di Martone (che ha 22 anni di meno).
Il giovane
rampollo del magistrato dei Cassazione, Antonio, attuale presidente
della commissione per la trasparenza della Pubblica Amministrazione
(Civit), riceve l’idoneità. Verrà chiamato in cattedra dal suo ateneo di
provenienza, Teramo, dove evidentemente lo aspettava la partita
stipendiale da ordinario. Una pratica consolidata nel mondo accademico
italiano. La gara è chiusa: di solito, in questi concorsi, almeno prima
dello tsunami gelminesco, c’era sempre un vincitore e un idoneo. Due
posti in palio. Come in questo caso.
Salvo che alcuni dei
commissari, Silvana Sciarra e Franco Liso (due tra i più notevoli
giuslavoristi italiani), con le pubblicazioni alla mano, e il curriculum
scientifico di Michel, non accettano di far finta di nulla, manifestano
disagio e fastidio, e scrivono nei loro giudizi qualcosa che Martone
conosce. Ma sa che non influiranno sull’esito della prova. Al resto
penserà il bon ton accademico. Cosa che regolarmente avviene.
Dalla
sommaria analisi delle due monografie scopriamo che all’epoca del
concorso Michel aveva pubblicato, da associato, solo un volume. Ha
sottoposto al giudizio della commissione un altro, ma solo in “edizione
provvisoria”. Con questa formula si intende che sono state presentate
solo le bozze del libro, con un isbn. Nella maggior parte dei concorsi
questa pratica non viene vista di buon occhio, e le commissioni
escludono il futuribile libro dalla valutazione. Questo non avviene per
Martone.
Scrive Silvana Sciarra:
“Lo stile scorrevole
rende agevole la lettura [dei libri], ma permane la difficoltà di
individuare una chiara ipotesi di lavoro [...]. M. Martone dimostra di
trattare, con spigliatezza gli argomenti prescenti e di adoperare
correttamente il linguaggio giuridico, ma di dovere ulteriormente
affinare il ricorso al metodo storico ed interdisciplinare. E’
auspicabile che la già acquisita maturità scientifica si consolidi
ulteriormente in futuro in una produzione più diversificata”.
Traduciamo
dal galateo accademico: gli studi del giovane Michel, pur nutriti da
una girandola di insegnamenti a contratto, sono inadeguati per il
prestigioso incarico per cui viene comunque giudicato idoneo.
Marcello
Pedrazzoli esprime disagio, ma se la cava bene. Il suo giudizio
durissimo restituisce Martone alla statura dei suoi 29 anni, l’età di
chi, di solito, consegue un dottorato. Pedrazzoli si sofferma sulla
monografia (in copia provvisoria) “Rapporti di lavoro e sistema
economico”, volume di “forte ambizione e pretesa” e scrive:
“Tranne
che per le parti in cui viene riprodotta la voce di enciclopedia
Concertazione [...] per il restante deve constatarsi troppa
improvvisazione e affrettatezza con approssimazioni nell’utilizzo del
riscontro storico e comparativo, e con sovrapposizioni, se non
confusioni, nell’amalgamare piani di discorso diversi”.
E si
capisce. Martone ha dovuto approntare una pubblicazione in fretta e
furia per consegnarla. Non ha avuto tempo di assemblarla meglio, facendo
in modo da farla assomigliare ad un libro. Su questi elementi di
“discutibilità, da ascrivere per così dire alla sua giovinezza
scientifica” si sofferma ancor più duramente Franco Liso, una delle
autorità in queste materie in Italia. Il tono è sibillino, e non
nasconde il clima di tensione dentro la commissione:
“Il
candidato, che nei suoi lavori fornisce sicura prova di possedere ottime
capacità al lavoro scientifico e potenzialità che gli consentiranno di
arrecare importanti contributi alla nostra materia, merita di vedere
riconosciute le sue indubbie qualità in un’occasione in cui la
dichiarazione della sua piena maturità costituisca frutto più di una
certificazione che di una aspettativa, per quanto seriamente fondata”.
Il
giudizio degli altri commissari, compreso il mentore Persiani, è
positivo. “Il candidato è giudicato dalla maggioranza della Commissione
maturo per ricoprire il ruolo del presente concorso”.
In questo
documento, si avverte l’irreversibile corsa del destino e il grande
imbarazzo nel giudicare un candidato che appartiene ad una casta di
intoccabili. Quello che non sorprende è il senso della predestinazione, o
di ineluttabilità, che pesa in ogni riga faticosamente scritta. Al
punto che, come segnalano i ricercatori della Rete 29 aprile, uno dei
commissari prende le vesti dell’aruspice. E, su Michel, emette un
pronostico scontato:
“Confidiamo nella sicura riuscita di
tale auspicio, autorizzato da quanto fin ora il candidato ha mostrato,
viene quindi per lo stesso formulato un positivo giudizio, anche
prognostico, che lo rende meritevole di essere preso in considerazione
ai fini della valutazione comparativa”.
Fonte: Blog Manifesto
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