giovedì 26 gennaio 2012

Michel Martone: "Laurearsi dopo i 28 anni è da sfigati". Ma Lui chi è?


"Laurearsi dopo i 28 anni è da sfigati" questa è la dichiarazione di Michel Martone, viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali.

Ma lui chi è? Ripercorriamo insieme le tappe importanti della sua vita:

  • avvocato e ricercatore di ruolo a 26 anni,
  • professore associato a 27 anni,
  • a 29 anni professore ordinario e consulente della Civit (presieduta dal padre a 40.000 euro al mese),
  • viceministro a 38 anni.


Meritocrazia o altro?

La commissione del concorso è presieduta da Mattia Persiani con il quale il Martone si è laureato con 110/110 e una deludente media di 29/30. Questo è il primo elemento utile per costruire una carriera universitaria di immediato successo: farsi seguire dal relatore di tesi, passo dopo passo, dalla culla (la laurea) perlomeno alla maturità (l'Ordinariato), e molto spesso alla tomba. Ma se questa è di solito la regola in tutto il mondo accademico italiano, tale da non fare più notizia, nel caso di Martone diventa eclatante. Il suo relatore di tesi è anche il presidente della commissione che gli conferisce l'idoneità da ordinario. 

Non solo. Francesco Coniglione, ordinario di storia della filosofia a Catania, nel 2009 scrive sul suo blog un ritratto di Martone dove racconta le vicende del concorso del 2003. Sostiene che Martone abbia svolto la sua pratica di avvocato presso lo studio di Persiani. Martone querela Coniglione, gli chiede 60 mila euro, ma perde la causa. Nella sentenza della prima sezione civile del tribunale di Roma si legge che il post La fulminea carriera del Prof. Martone è improntato a:


“stigmatizzare le cd baronie universitarie, ovverosia la prassi da tempo invalsa nell’ambito dei concorsi a cattedra per l’acquisizione del titolo di docente in cui, secondo logiche predeterminate e non necessariamente meritocratiche, i vincitori risultano i candidati “appoggiati” dai docenti più potenti”

C’è poi un secondo elemento per il concorso perfetto. Dalla relazione finale risulta che su 8 concorrenti al prestigioso incarico presso la facoltà di Economia “Richard M. Goodwin” dell’università di Siena, ben 6 hanno ritirato la domanda. Michel è rimasto da solo insieme ad una valente giuslavorista, Franca Bargongelli, all’epoca 52enne, ricercatrice presso la stessa facoltà dal 1983, passata ad associata nel 2000, all’attivo quaranta pubblicazioni.

Bargongelli, come si legge nella relazione, è nota per avere studiato a lungo il mondo del lavoro femminile, e anche per una serie di collaborazioni con la Fiom. Com’era prevedibile, è lei che vince il concorso (5 voti favorevoli) contro i 4 di Martone (che ha 22 anni di meno).

Il giovane rampollo del magistrato dei Cassazione, Antonio, attuale presidente della commissione per la trasparenza della Pubblica Amministrazione (Civit), riceve l’idoneità. Verrà chiamato in cattedra dal suo ateneo di provenienza, Teramo, dove evidentemente lo aspettava la partita stipendiale da ordinario. Una pratica consolidata nel mondo accademico italiano. La gara è chiusa: di solito, in questi concorsi, almeno prima dello tsunami gelminesco, c’era sempre un vincitore e un idoneo. Due posti in palio. Come in questo caso.

Salvo che alcuni dei commissari, Silvana Sciarra e Franco Liso (due tra i più notevoli giuslavoristi italiani), con le pubblicazioni alla mano, e il curriculum scientifico di Michel, non accettano di far finta di nulla, manifestano disagio e fastidio, e scrivono nei loro giudizi qualcosa che Martone conosce. Ma sa che non influiranno sull’esito della prova. Al resto penserà il bon ton accademico. Cosa che regolarmente avviene.

Dalla sommaria analisi delle due monografie scopriamo che all’epoca del concorso Michel aveva pubblicato, da associato, solo un volume. Ha sottoposto al giudizio della commissione un altro, ma solo in “edizione provvisoria”. Con questa formula si intende che sono state presentate solo le bozze del libro, con un isbn. Nella maggior parte dei concorsi questa pratica non viene vista di buon occhio, e le commissioni escludono il futuribile libro dalla valutazione. Questo non avviene per Martone.

Scrive Silvana Sciarra:

“Lo stile scorrevole rende agevole la lettura [dei libri], ma permane la difficoltà di individuare una chiara ipotesi di lavoro [...]. M. Martone dimostra di trattare, con spigliatezza gli argomenti prescenti e di adoperare correttamente il linguaggio giuridico, ma di dovere ulteriormente affinare il ricorso al metodo storico ed interdisciplinare. E’ auspicabile che la già acquisita maturità scientifica si consolidi ulteriormente in futuro in una produzione più diversificata”.

Traduciamo dal galateo accademico: gli studi del giovane Michel, pur nutriti da una girandola di insegnamenti a contratto, sono inadeguati per il prestigioso incarico per cui viene comunque giudicato idoneo.

Marcello Pedrazzoli esprime disagio, ma se la cava bene. Il suo giudizio durissimo restituisce Martone alla statura dei suoi 29 anni, l’età di chi, di solito, consegue un dottorato. Pedrazzoli si sofferma sulla monografia (in copia provvisoria) “Rapporti di lavoro e sistema economico”, volume di “forte ambizione e pretesa” e scrive:


“Tranne che per le parti in cui viene riprodotta la voce di enciclopedia Concertazione [...] per il restante deve constatarsi troppa improvvisazione e affrettatezza con approssimazioni nell’utilizzo del riscontro storico e comparativo, e con sovrapposizioni, se non confusioni, nell’amalgamare piani di discorso diversi”.

E si capisce. Martone ha dovuto approntare una pubblicazione in fretta e furia per consegnarla. Non ha avuto tempo di assemblarla meglio, facendo in modo da farla assomigliare ad un libro. Su questi elementi di “discutibilità, da ascrivere per così dire alla sua giovinezza scientifica” si sofferma ancor più duramente Franco Liso, una delle autorità in queste materie in Italia. Il tono è sibillino, e non nasconde il clima di tensione dentro la commissione:

“Il candidato, che nei suoi lavori fornisce sicura prova di possedere ottime capacità al lavoro scientifico e potenzialità che gli consentiranno di arrecare importanti contributi alla nostra materia, merita di vedere riconosciute le sue indubbie qualità in un’occasione in cui la dichiarazione della sua piena maturità costituisca frutto più di una certificazione che di una aspettativa, per quanto seriamente fondata”.

Il giudizio degli altri commissari, compreso il mentore Persiani, è positivo. “Il candidato è giudicato dalla maggioranza della Commissione maturo per ricoprire il ruolo del presente concorso”.

In questo documento, si avverte l’irreversibile corsa del destino e il grande imbarazzo nel giudicare un candidato che appartiene ad una casta di intoccabili. Quello che non sorprende è il senso della predestinazione, o di ineluttabilità, che pesa in ogni riga faticosamente scritta. Al punto che, come segnalano i ricercatori della Rete 29 aprile, uno dei commissari prende le vesti dell’aruspice. E, su Michel, emette un pronostico scontato:

“Confidiamo nella sicura riuscita di tale auspicio, autorizzato da quanto fin ora il candidato ha mostrato, viene quindi per lo stesso formulato un positivo giudizio, anche prognostico, che lo rende meritevole di essere preso in considerazione ai fini della valutazione comparativa”.

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